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Astor Piazzolla – Tango: Zero Hour – American Clavé – 1986


 Astor Piazzolla

Astor Piazzolla“Humedecerse
eso es
penetrarse, confundirse
los dos cuerpos
enroscarse el deseo
la saliva
fundirse en el calor
Save la bella y la bestia”. 

Carmen Yáñez, poetessa cilena.

Astor PiazzollaQuesto è il Tango, un misto di sensualità e di aggressività, un immergersi in una esperienza fusionale che trasforma suggestioni sonore nella magia della passione.

Astor Piazzolla, universalmente riconosciuto come “Padre del Tango Moderno”, è stato spesso definito come il Duke Ellington del tango.

Nato in Argentina nel 1921, Piazzolla crebbe durante la depressione a New York e, giovane, ricevette in regalo da suo padre un bandoneon che imparò a suonare da solo.

Piazzolla volle far emergere il bandoneon dal suo ruolo di generico strumento per la musica da ballo, per poi consacrarlo al rango di strumento classico.
Astor Piazzolla

Tornato in Argentina negli anni 30, iniziò la sua carriera di bandoneonista con la Anibal Troilo Orquesta.

I suoi arrangiamenti per Troilo, all’epoca, erano considerati rivoluzionari, in ragione della sua interpretazione del Tango come musica da concerto, piuttosto che da ballo.

In Buenos Aires, negli anni 50, formò prima un ottetto e successivamente un quintetto, composto da bandoneon, violino, piano, chitarra elettrica e basso. Con questa formazione incise circa 50 album.

L’armonia, i ritmi, i contrattempi, gli accordi bitonali o tritonali, l’armonia come audacia, la libertà compositiva divengono i tratti fondamentali della sua musica,

Il suo tocco eccentrico, avanguardistico, rispetto alla struttura tradizionale del Tango, colloca le sue composizioni in un’area artistica più compiuta, più autorevole, anche se questo ha determinato, nel tempo, un certo allontanamento dei puristi tradizionali di Tango.

Negli ultimi dieci anni della sua vita compose oltre 300 tanghi e diverse colonne sonore. Negli ultimi anni Piazzolla preferiva apparire come solista, accompagnato da un’orchestra sinfonica, e, a volte, con il suo quintetto.

Astor Piazzolla

L’album “Tango: Zero Hour” arriva nel 1986 ed era considerato, da Piazzolla, come la sua migliore realizzazione.

Al culmine di una sperimentazione durata decenni, Piazzolla assegna alla musica contenuta in questo album il riconoscimento di “Nuevo Tango”.

Prodotto da un erudito maestro di eclettismo musicale quale Kip Hanrahan per l’American Clavé, con “Tango: Zero Hour” Piazzolla mette a nudo il suo disaccordo con le convenzioni, pur nell’inquietudine di una ricerca in cui traspaiono risonanze di musica classica.

Il titolo stesso dell’album afferma una sorta di palingenesi nella sua definizione di Tango.

E’ l’ora zero per un nuovo Tango.

Astor PiazzollaUna fluttuazione che oscilla, immersa in una dimensione esistenziale di tensione, verso nuove modalità espressive, senza asservimenti a vincoli di alcun genere.

La sua è una musica impregnata di un forte carica di sensualità: è poesia che diventa estasi. E’ un nuovo mondo musicale, intriso di significati e profondità.

Personalmente credo che il potere magico, di cui è impregnata questa musica, risieda in un ineffabile magnetismo capace di attivare vissuti profondi e di evocare caleidoscopi di immagini, di luoghi, di momenti senza tempo.

Nell’album “Tango: Zero Hour”, è “Milonga del Angel” (il secondo del disco, a 4’38’’) ad affiorare ed a mettere la pelle a nudo. E’ un tango inquieto, struggente, lungo cui si srotolano strade acciottolate e lampioni melanconici (Buenos Aires, Parigi forse).

Il brano contagia con le sue oscillazioni dell’umore, altalenando scene, intrise di nostalgia, a passaggi colmi di vitale passione. Pervasivo. “Milonga del Angel” è un sentiero che contamina di tristezza e di bellezza, pur lasciandoci nella consapevolezza che esse sono parti inscindibili del vivere. Metafora dell’esistenza?

Astor PiazzollaMusica audace, sfacciata, inquieta, provocatrice, appassionante, lussureggiante, dissonante. Tutte queste attribuzioni fanno del “Nuevo Tango” una musica imperdibile.

Buon ascolto, … interiormente.

Recensione di Gaetano Toldonato