La Deflagrante Esplosione del Virus Silenzioso
La Deflagrante Esplosione del Virus Silenzioso
24 Marzo 2020.
Scendo per strada per andare dal giornalaio. Che strano. Che senso di strana stranezza a camminare. Quante volte sono già passato di qua, eppure mi sembra di passarci per la prima volta. Il silenzio: c’è uno sconosciuto silenzio, fatto di suoni, rumori lontani, attutiti nella distanza.
Questa strada che di solito è un alveare di passanti, di aria mista a gas di scarico, di stridori di gomme e di clacson impazienti, oggi è deserta, abbandonata anche dalle ombre.
Mi fermo. Mi guardo intorno. Scenario di una Torino di quanti decenni fa? Provo a pensare che non ci siano nemmeno le auto parcheggiate: in che epoca sono? Cento, duecento anni fa. Era questa la voce di Torino a quel tempo? Una Torino non appestata dall’invasione delle auto.
Pare un regalo, una città nuova, o, meglio, una città che si è ripresa la sua naturale quiete, offrendo le sue vie, i suoi palazzi, i suoi cortili, alla piacevolezza di uno sguardo che può indugiare, senza fretta, senza dover farsi da parte di un “avanti il prossimo”.
Passo dopo passo mi ritrovo davanti al portone di casa: suono. Dico ad Elisa di scendere giù. In quei pochi minuti faccio fatica a ritornare nel 2020.
Elisa è un medico, amata ed attesa dai suoi pazienti che non può tralasciare, nemmeno in questa impensabile dilagante pandemia.
Otto minuti e siamo lì da loro.
Sempre sul pezzo! Complimenti, la scelta del bianco e nero rende le immagini più espressive e incisive.
Condivido il ringraziamento finale.
Come sempre siete un team fortissimo!
Bravi!
Patrizia
Carissima,ci sono eventi, quale l’attuale pandemia di COVID-19, che resteranno ben incisi, nella memoria individuale ed in quella collettiva, come accadimenti che apportano una potente destabilizzazione e che “costringono” ad una riformulazione della nostra espressività vitale.
E’ una vera e propria palingenesi di una quotidianità che sembrava essere inscalfibile, nei modi, nei ritmi, nelle prassi, nelle espressioni, persino nella sua prevedibilità, supinamente prostrata al dettato ipertrofico della nostra umana onnipotenza.
Ma… è bastato un virus a ricondurci con i piedi ben saldi a terra.
All’improvviso, ecco un panorama esistenziale come difficilmente avremmo potuto immaginarcelo. Tempo e spazi, si dilatano con un dimensionamento che va ben oltre la soglia delle nostre inferenze esperenziali.
Tempo e spazi, in una nuova cornice, scolpita nel silenzio delle strade semi deserte.
Come rappresentarli? Come restituirne i cardini emozionali? A quali fantasie ancorarsi?
Cercando delle risposte a queste domande abbiamo provato a reificarne tutto il nostro disorientamento.
Ci saremo riusciti?
Grazie per il tuo generoso commento.
Un caro abbraccio.