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Lonnie Smith – Purple Haze – Venus Records – 1994


Lonnie Smith: Purple Haze

Lonnie Smith, nel 1969

Lonnie Smith è un fenomeno, uno straordinario fenomeno. Un fenomeno che, purtroppo, non è adeguatamente apprezzato, nonostante si sia collocato tra i giganti del Jazz che, da oltre cinque decadi, interpretano le colonne sonore del nostro tempo.Eclettico, particolare, graffiante e virtuoso artista dell’organo Hammond, Lonnie Smith è un vero e proprio guru, con  uno stile musicale che lo fa annoverare tra gli autentici maestri del B3. Una vera e propria leggenda, una icona musicale pulsante.

Nato nel 1953 nello stato di New York, in una famiglia che partecipava a programmi radio musicali. Smith racconta di essere stato influenzato musicalmente dalla madre, che lo introdusse alla musica classica, al gospel ed al jazz. Sin da ragazzo convogliò la sua voglia di fare musica suonando la tromba; partecipò poi alla creazione di vari gruppi vocali all’interno della sua scuola e, con i Teen Kings, si ritrovò con Grover Washington Jr. al sax.

La prima apparizione di Lonnie Smith all’organo fu in una chiesa, con l’animo musicale rivolto a brani di Bill Doggett e Jimmy Smith. Dopo “essersi fatto le mani” sullo strumento, decise di dedicare le sue giornate all’apprendimento di tutto quanto era possibile conoscere sulla complessa tecnica strumentale dell’organo Hammond.
S’impratichì in un negozio di strumenti musicali e dopo qualche tempo, si trovò ad apparire nel Jack McDuff Quartet, con George Benson. Quando Benson formò poi un suo gruppo, chiese a Lonnie Smith di entrarvi a far parte come organista.

In quella formazione Lonnie Smith partecipò all’incisione di alcuni album per la Columbia, fino a che, sentendosi sufficientemente pronto, iniziò ad incidere, in qualità di leader, prima per la Columbia stessa e, a seguire nel 1968, per la Blue Note, con cui incise, nell’arco di due anni, quattro album. Di quel periodo sono particolarmente notevoli anche le sue apparizioni come sideman, dove partecipò alla registrazione di molti album di Sonny Lester.

Lonnie Smith: Purple Haze

Quell’esperienza lasciò un profondo segno nella evoluzione della personalità musicale di Lonnie Smith, tanto che, ancora l’anno scorso, all’età di 75 anni, in occasione di una sua rentrée per una nuova registrazione, affermava: “La Blue Note mi è sempre rimasta nel sangue. È come un buon vino maturato per tanti anni. Quando mi hanno chiesto di incidere un nuovo album, mi ha fatto molto piacere tornare a incidere con loro. Dopo tutto, la Blue Note ed il Jazz sono come la Motown con il Soul. Possiamo pensare che un’etichetta come la Blue Note possa ben essere assunta come testimone di un arco di tempo molto prolifico, durante cui si sono collezionate le registrazioni di tanti grandi musicisti“.

Nel 1971 il suo “Mama Wailer” divenne un classico del Jazz-Funk. Nel 1977, tra gli altri, il suo “Afrodesia”, con George Benson, Randy Brecker e Steve Gadd, lo vede anche come maturo compositore ed arrangiatore.
Quando Lonnie Smith dà una definizione di ciò che prova mentre suona l’organo con quello stile che gli è peculiare, afferma: “Diventa un’estensione del mio essere. Lenti attraverso cui guardo. Respira per me, parla per me. Non c’è parte dell’organo che io non senta. E’ come un flusso di corrente elettrica, un fuoco che mi attraversa il corpo. Lo sento pulsare. Non c’è niente di simile“.

Lonnie Smith: Purple Haze

Nel 1994, tra gli effluvi delle sue innumerevoli confluenze musicali, incise tre album con lo straordinario chitarrista John Abercrombie e con Marvin “Smitty” Smith alla batteria. I primi due album “Purple Haze” e “Foxy Lady” (che nelle intenzioni originarie dovevano costituire un album unico) sono due stupendi tributi musicali a Jimi Hendrix. Il terzo album, “Afro Blue”, è invece un tributo a John Coltrane.

Pur nella sua accezione di tributo a Jimy Hendrix, che aveva trasposto l’intero mondo musicale in un melange allucinogeno di blues urbano, Delta blues, swing, jazz, rythm and blues, gospel e soul, la proposizione di “Purple Haze” di Lonnie Smith si eleva ad interpretazione pura, primaria, in un voluttuoso e graffiante scandagliare che, senza pietistici approcci, trascina corpo e psiche attraverso i meandri dell’essere, nel qui ed ora dell’ascolto.

Lonnie Smith

Lonnie Smith

Recensione di Gaetano Toldonato

P.S.: Non pensate che, sotto quel turbante e dietro quella folta barba, ci sia l’espressione di una partecipazione a carattere religioso. Tutto fa parte del particolare stile con cui Lonnie Smith ama “colorare” i suoi intensi momenti artistici, comunicando anche attraverso il misticismo profuso dalla sua immagine. La rivista Jazz Times lo descrive, infatti, come “un mistero inviluppato in un enigma, avvolto in un turbante!