Canale Musica VFY

INVITO ALL’ASCOLTO


Canale di Musica di VideoFromYou

Per la tua privacy YouTube necessita di una tua approvazione prima di essere caricato.
Ho letto la Privacy Policy ed accetto

Richard Groove Holmes – Groove – Pacific Jazz 1961


Conoscete il suono dell’organo Hammond?

Nessun strumento elettronico, o campionatore che sia, ha mai potuto emulare totalmente il “suono ruotante” di un Hammond con l’altoparlante Leslie. Il primo modello fu presentato nel 1935. Per quanto la stessa casa Hammond ci abbia tentato con la sua nuova replica digitale, lo strumento originale continua a rimanere del tutto insuperabile.

Con la sua voce viva, ghiaiosa, respirante, urlante, sensuale, gentile, violenta e tutto insieme nello stesso momento, rimane definitivamente il Re degli organi per il Jazz, il Rock, Il Rythm & Blues ed il Gospel.

Il suo ringhiare imponente modellò l’evoluzione del rock and roll ed aprì nuovi scenari espressivi a quei tastieristi che si spinsero artisticamente oltre il tradizionale pianoforte acustico.

Nel mondo del Jazz, la leggenda riconduce a Jimmy Smith, che è stato sicuramente uno degli organisti più influenti.

Nel 1954 Jimmy Smith infuocò le scene del Jazz con un successo travolgente ed, a ruota, organisti come Jimmy McGriff, Brother Jack McDuff e Richard “Groove” Holmes divennero leggendari in tutto il mondo.

Scomparso ormai da alcuni decenni, Richard “Groove” Holmes è divenuto uno dei tesori musicali del Jazz americano.

Il nome “Groove”, ricordava Les McCann, gli fu attribuito per la sua capacità musicale di far percepire forti emozioni ed, in questo senso, il nome era perfetto.

Groove nacque nel maggio 1931 a Camden (New Jersey), nella zona di Filadelfia, capitale mondiale dell’organo Jazz.

Iniziò a suonare il basso e, dopo, si convertì all’organo Hammond senza tuttavia avere una formazione pianistica.

Il suo “tocco” autodidattico, infatti, fu sempre contaminato da una forte influenza della linea del basso (suonata sulla pedaliera, con il solo piede sinistro) che divenne una delle sue qualità identificative, pur con il piacere che Groove provava nello sperimentare in ogni occasione le capacità espressive dell’organo.

Groove fu un organista straordinario: riusciva ad avere contemporaneamente sotto controllo la pedaliera, i tempi e le tastiere, mantenendo sempre una agilità incredibile.

Anche negli ultimi periodi della sua vita, ormai provato dalla malattia, continuò a suonare, riuscendo sempre a trasmettere un’energia incontenibile e musicalmente perfetta.

Groove incontrò per la prima volta Les McCann nel 1960 in un ristorante di Pittsburgh.

Les McCann divenne un punto chiave nella carriera di Groove: “Ricordo di essere andato lì per ascoltare Groove e quando entrai vidi una persona enorme, seduta davanti ad un tavolo, coperta di ogni ben di Dio. Il buffo fu quando ordinò una cola diet!”.

In quell’occasione Les McCann, che allora aveva una forte influenza sulla Pacific Iazz Records, chiese a Groove di incidere un disco insieme: fu l’inizio di una serie di incisioni e fu, forse, la prima volta che una big band accompagnava un solista all’organo Hammond.

L’impatto di Groove fu straordinario in tutta la West Coast, reso possibile, in larga parte, dall’orecchio e dal cuore di Les McCann.

Quando penso a Groove, mi viene in mente solo la parola ‘gioia’. Gioia sempre di ridere, di ‘prova a sentire questo’. Groove era immerso totalmente nella musica. Quando suonava qualcosa che lo accendeva e che lo appassionava, non c’era niente da fare: la sua gioia ti catturava”.

Dei suoi oltre cinquanta dischi realizzati, l’album qui proposto fu il primo ad essere registrato, per la Pacific Jazz, nel lontano marzo 1961 (in Europa fu presentato con il titolo “That Healin’ Feelin’”).

Richard “Groove” Holmes, con il suo vivace stile “funky” è stato spesso inserito nella categoria degli artisti Soul Jazz.

Oggi è considerato come un autorevole precursore dell’Acid Jazz.

Musicalmente il suo animo è stato definito appassionato, allegro, giocoso, elegante, libero, grintoso, sofisticato, ipnotico.

Tutti questi tratti ci sono stati tramandati, grazie alla tante espressioni che si espandono dalle tastiere del suo Hammond.

Recensione di Gaetano Toldonato