
INVITO ALL’ASCOLTO
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Ute Lemper – Illusions – Decca 1992
Nella presentazione di un suo spettacolo di qualche tempo fa, si annunciava che vedere ed ascoltare Ute Lemper significa… innamorarsene. E posso assicurarvi che è magicamente vero!
Erede del cabaret berlinese e della chanson francese, Ute Lemper è una cantante che riesce a fondere, nella sua voce e nelle sue performance, doti che appartengono ad alcune delle più grandi cantanti di ieri e di oggi.
In lei si ritrovano la drammaticità di Edith Piaf, la musicalità di Lotte Lenya, il magnetismo di Marlene Dietrich e la profondità di Sarah Vaughan, in un avvincente amalgama che è straordinariamente più della somma di tutte queste qualità messe insieme.
La sua vasta fama e il suo successo internazionale sono certamente il risultato di qualità artistiche ed interpretative innegabili, ma rappresentano anche il frutto del suo personale appassionato impegno nei mondi dell’arte, della politica, della storia.
“Musica che parla della malinconia. Se questo tipo di musica non fa per te, non ce ne sarà altra che te ne parlerà. L’altra musica è di chi non comprende che il mondo è lì per soccombere, attorno alle proprie orecchie” (Kurt Weill).
Ute Lemper è stata una delle prime grandi interpreti delle opere di Weill. Dimenticate il modo operistico di cantare Weill della Teresa Stratas.
Ute Lemper, con la sua versatile voce, ne propone una sua originale maniera: quella gutturale, in una espressione che conferisce la dovuta profondità alla sofferenza disseminata nella drammaturgia di Weill.
Dall’incontro artistico con Kurt Weill nacque l’opportunità del primo tour mondiale di Ute Lemper, che la portò sui palcoscenici dei più prestigiosi teatri. Milano, Berlino, Tokyo, Hong Kong, New York, Parigi, Gerusalemme, Londra e Barcellona.
Questo iniziò nel 1987, dopo una lunga fase tirocinante che la vide suonare il piano ed apprendere danza, sin dall’età di nove anni.
La sua formazione musicale fu consolidata nelle scuole di Salisburgo, Colonia e Berlino e, nei primi anni ottanta, con la scuola di Max Reinhardt, in Vienna, dove Ute Lemper inizia la sua carriera artistica sul palcoscenico.
Le sue prime incisioni sono per la Decca/London, in cui cantò la colonna sonora originale dei Prospero’s Books.
Il suo lavoro proseguì con Michael Nyman (che compose la musica per il suo primo album personale) ed incidendo, sempre per la Decca/London, due nuovi volumi, in cui dona magnificamente la voce ai versi malinconici di Kurt Weill, ne L’opera da Tre Soldi e ne I Sette Peccati Mortali.
Con Illusions la sua fama diventa un fatto indiscusso. Basandosi sui repertori di Marlene Dietrich e di Edith Piaf, in Illusions si ritrovano a vivere, magicamente, quelle allucinanti atmosfere che sono radicate nelle parole vestite di musica di Jacques Prévert, Stephen Sondheim, Joseph Kosma, Paul Celan, Hanns Eisler, George Moustaki.
Ad Illusions segue un nuovo album, con una superba collezione di brani originati nei cabaret di Berlino durante la repubblica di Weimar, nel periodo che va dagli anni venti ai primi anni trenta.
Le performance di Ute Lemper spaziano dal canto, al ballo, al teatro, al cinema.
Sui palcoscenici di Berlino ed Amburgo canta la commedia musicale Der Blaue Engel; è “la voce” di una serie di concerti in cui canta Michael Nyman e, con la supervisione di Luciano Berio, prende parte ad un tour dal titolo “Omaggio a Cathy Berberian” durante cui si esibì alla Scala di Milano con la London Symphony Orchestra.
Poliedrica nel carattere e nelle capacità, Ute Lemper si dedica con successo anche alla pittura (mostre nel 1993 a Parigi ed Amburgo) ed al giornalismo (articoli per Libération, Die Welt e The Guardian) ed è giunta a concludere il suo primo libro.
Che dire ancora di lei? Che è una donna bella ed affascinante, oltre ogni paragone.
Siamo a Parigi. Prendiamo un taxi e facciamoci portare a Pigalle, in uno dei tanti vecchi locali in cui l’Art Noveau è stata preservata con cura, negli arredi e nell’atmosfera.
Sediamoci al tavolino di un bistrot sulla strada, ad osservare la gente passare, immersa com’è negli intrecci della sua quotidianità.
Magari, con la complicità di un bicchiere di Chablis giovane, proviamo ad intrecciare fantasie di narrazioni, nell’alone del tempo ritrovato: “Les Fuilles mortes” (stupendamente nostalgica) [3], “Padam” [4], “Elle frequentait la rue Pigalle” [5], “T’es Beau, tu sais” [6], “L’accordeoniste” [10], “La vie en rose” [12], “Non, je ne regrette rien” [13].
Le note e la voce creano sussulti interiori, coinvolgimenti a fior di pelle, profumi che non svaniscono al primo soffio di lucida realtà.
Di Ute Lemper e di Illusions (e delle sue coraggiose, coinvolgenti interpretazioni) non sarà facile (nè desiderabile) che riusciate a riporne le emozioni nella stanza dei non-ricordo.
Recensione di Gaetano Toldonato
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